Oggi analizzeremo “Proving the ROI from Inbound Marketing” di John Bonini, Marketing Director per IMPACT Branding & Design, una pubblicazione che analizza e spiega il perchè dell’indiscussa superiorità dell’Inbound Marketing in fatto di ROI.

Se l’imperativo categorico dell’Outbound era “per fare soldi bisogna spendere”, l’Inbound ha oggi sovvertito la regola e, di fatto, richiede budget notevolmente inferiori per produrre risultati quantitativamente (e qualitativamente) superiori: secondo una ricerca condotta da Hubspot, l’Inbound ha un costo per lead più basso del 61% rispetto al marketing tradizionale. Il motivo è intuitivo: stampare manifesti, creare pubblicità cartacee, mandare direct mail e fare campagne telefoniche genera costi altissimi, mentre affidarsi alla tecnologia moderna dominata da smartphone, tablet, computer e social media abbatte i costi in maniera significativa.

Lo stesso Hubspot segnala ancora che se il costo di un lead Outbound è stimato attorno ai 332$, un lead Inbound ne costa solo 134. Il concetto di base è: più la tecnologia evolve, più cambia il modo di comunicare, diventando più semplice, immediato, centrato sul consumatore. Inevitabilmente tutto questo ha cambiato il modo in cui prendiamo decisioni rispetto ai nostri acquisti e il nostro comportamento come consumatori.

I “vecchi sistemi” non funzionano più. I consumatori non sono più disposti ad accettare messaggi pubblicitari che non hanno scelto di ricevere, non sono più disposti ad essere interrotti da pop-up o telefonate non gradite e non intendono più annegare sotto tonnellate di carta che intasano la cassetta della posta: possono scegliere se ignorare o no un messaggio con estrema facilità.

Oggi non si tratta più di pubblicizzare ma di costruire relazioni: ingaggiare il consumatore coinvolgendolo su blog e social media e comprenderne le necessità per erogare contenuti personalizzati in grado di dare a ognuno esattamente ciò di cui ha bisogno è l’unica strada da percorrere.

roi3 L’Inbound Marketing sostiene i tempi moderni facendo in modo che siano i clienti a trovare le aziende che forniscono loro le risposte ai loro problemi.

L’epoca delle keyword studiate a tavolino per incantare i motori di ricerca è finita, ed è iniziata l’epoca dei contenuti, e anche Google lo sa: il content marketing si basa sulla creazione di interi contenuti editoriali pertinenti e specifici che forniscano ai lettori proprio quello che stanno cercando, e i motori di ricerca rispondono sempre più a questo tipo di organizzazione editoriale, premiando questo tipo di approccio.

Quindi, più il contenuto è pertinente, più viene erogato, più alto diventa il numero di clienti (o potenziali tali) che arriverà spontaneamente attratto; considerando gli investimenti contenuti tipici dell’Inbound in rapporto a un più alto volume di vendite abbiamo un migliore ROI, direttamente proporzionale alla frequenza in cui si distribuiscono contenuti.

Questo concetto mette in risalto un altro beneficio tipico dell’Inbound tutt’altro che trascurabile. Quando un contenuto viene erogato la sua azione si prolunga nel tempo: dopo giorni, mesi, anni il pubblico continuerà ad averne accesso e il messaggio continuerà ad essere propagato. Dunque l’investimento economico corrispondente continuerà a fruttare nel tempo e a produrre risultati. Al contrario, gli investimenti – altissimi – delle tradizionali campagne pubblicitarie frutteranno solo nel momento esatto del lancio, smettendo di produrre risultati dopo un breve lasso di tempo.

E non c’è nulla in grado di acquisire lead come il social media marketing, in cui è possibile raggiungere un numero pressoché illimitato di persone con costi non paragonabili agli enormi investimenti richiesti per finanziare campagne pubblicitarie above the line, su TV, giornali etc.

Secondo uno studio condotto da Syncapse, l’85% dei fans di un brand usano Facebook per consigliarlo agli altri, rispetto al 60% delle persone che scelgono altri mezzi di comunicazione.

Un altro studio di Hubspot ha calcolato la percentuale di aziende presenti su social media che hanno acquisito clienti tramite i social stessi, arrivando alla conclusione che il 62% delle aziende B2B acquisiscono clienti tramite Facebook; seguono Twitter con una percentuale di conversione del 53% e LinkedIn con una percentuale del 39%.

Altro punto importante analizzato nell’articolo di Bonini è il direct mail VS l’email marketing. Ancora HubSpot stima che il 44% del mailing pubblicitario diretto non viene mai aperto e finisce nel cestino della carta straccia; in questo caso i costi di produzione e di distribuzione rendono il ROI minimo, mentre i costi di email marketing non prevedono né stampa né distribuzione, il che permette di distribuire il budget per la campagna su altre iniziative.

Anche in questo caso i messaggi sono fortemente targetizzati attraverso efficaci strumenti di segmentazione, facendo sì che l’engagement aumenti spingendo le vendite verso l’alto.

Quindi l’Inbound funziona, conclude Bonini. Genera un ROI sensibilmente più ampio rispetto al marketing tradizionale, è uno strumento personale e targetizzato che costruisce delle relazioni, come potrebbe fallire?

Del resto, i risultati parlano da soli.

Fonte degli argomenti e dei dati: Proving the ROI from Inbound Marketing di John Bonini